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Il nuoto

Il nuoto

Il nuoto è definito come uno sport: ciclico, di resistenza alla forza, ad alta valenza coordinativa.

Il nuoto è ciclico perché in tutti gli stili il nuotatore ripete sempre lo stesso ciclo di movimenti; di resistenza alla forza perché durante l'avanzamento è richiesta una certa forza per opporsi alla resistenza dell'acqua; di alta valenza coordinativa perché per nuotare sono richieste grandi capacità coordinative.

Il nuoto ha tre caratteristiche fondamentali che riguardano i movimenti, i quali, devono essere: senza soluzioni di pausa (durante la nuotata non vi devono essere interruzioni), ampi e con una traiettoria precisa.

Frequentando la piscina si riceve un "educazione al nuoto" ed un "educazione attraverso il nuoto".

Il nuoto è molto indicato se si comincia in tenera età, perché in acqua si devono sviluppare gli schemimotori acquatici e le tecniche idonee di questo sport ricevendo un "educazione al nuoto", grazie alla quale vengono insegnati nuovi movimenti ed abilità specifiche per la motricità acquatica (alfabetizzazione motoria) contribuendo allo sviluppo delle capacità motorie: coordinative e condizionali. Con l'educazione al nuoto si ottiene un armonioso sviluppo morfologico cioè una struttura fisica corrette durante la crescita e funzionale ovvero lo sviluppo della psiche e degli apparati cardio-circolatorio, osseo e muscolare. Inoltre si modificano gli analizzatori in funzione del nuovo ambiente totalmente diverso, imparando a percepire l'acqua. Una persona ha imparato a nuotare quando acquisisce la percezione acquatica.

Un bimbo che riceve un "educazione attraverso il nuoto", svilupperà armoniosamente la sua personalità, perché vengono stimolate le quattro aree che la costituiscono: l'area morfologica, l'area intellettiva e cognitiva, l'area affetto emotiva e l'area sociale.

L'area morfologica (agire e saper fare) riguardante la struttura fisica e funzionale del bambino. L'area intellettiva e cognitiva (intelligenza e conoscenza), in acqua si ricevono una serie di stimoli e percezioni che sulla terra ferma non esistono e che lui, impara presto a conoscere (es. la spinta di Archimede e l'assenza di gravità). L'area affetto emotiva (comunicare), riguarda i primi temporanei distacchi con i genitori conoscendo altre figure come l'istruttore e gli altri bambini vincendo e superando l'emotività e le paure di un ambiente nuovo. L'area sociale (socializzare), stando insieme agli altri gradualmente trasforma l'egocentrismo tipico dei bambini in socio-centrismo, condividendo con i suoi coetanei le esperienze di gruppo guidato dall'istruttore.

Il nuoto è uno sport particolarmente indicato anche per le popolazioni speciali come donne il gravidanza o soggetti diversamente abili, perché l'acqua è molto protettiva e permette di lavorare in assenza di rischi in quanto offre: resistenza, attutisce le accelerazioni e scarica il peso.

Ricapitolando, l'attività natatoria è molto benefica, perché è l'unico sport completo che possono praticare tutti durante l'intero l'arco della vita. Grazie al nuoto svolto in età giovanile si avrà un equilibrato ed armonioso sviluppo della personalità, del fisico e della psiche; in seguito con l'avanzare dell'età, si avrà un ottimo mantenimento del benessere psicofisico e le popolazioni speciali grazie alle caratteristiche protettive dell'acqua riescono a sentirsi a proprio agio e migliorare la loro condizione sotto ogni punto di vista.

A questo punto non resta che cominciare subito a nuotare!!!

Tuffiamoci al mare o in piscina!!! Ricordandoci che il nuoto è uno sport che si impara esclusivamente in acqua e sotto la supervisione di un bravo istruttore. Gli esercizi a secco sono utili solo per creare un'immagine mentale del movimento che si deve compiere in acqua, ma non per imparare a nuotare.

La attività natatorie si suddividono in cinque specialità: il nuoto, il nuoto per salvamento, il nuoto sincronizzato ,i tuffi e la pallanuoto.


Le capacità motorie

Le capacità motorie esprimono le possibilità e le modalità di movimento che ciascuno di noi è in grado di realizzare. Si possono definire come "un complesso di presupposti, di carattere fisico, organico, coordinativo e senso-percettivo, attraverso i quali si possono compiere azioni motorie efficaci e consapevoli, tanto più complesse, quanto più evoluto è il grado di sviluppo motorio raggiunto". In altre parole, una persona si muove utilizzando le capacità motorie che ha e lo fa in tanti modi diversi in relazione agli scopi e agli obiettivi che vuole raggiungere: quindi si muove con rapidità o lentamente, per poco tempo o per un periodo molto lungo, con maggiore o minore intensità, eseguendo gesti più o meno ampi e precisi, con più o meno forza, con o senza attrezzi, variando le distanze, su superfici diverse ...

Le capacità motorie dipendono dal nostro patrimonio genetico, ma possono essere in parte modificate con l'allenamento. Questo è possibile perché la macchina umana è in grado di apprendere e migliorare le sue potenzialità attraverso l'allenamento. Le capacità motorie sono quindi il presupposto iniziale per realizzare consapevolmente una qualsiasi azione motoria, si sviluppano con l'allenamento e rappresentano al tempo stesso il risultato di una prestazione sportiva. Il loro sviluppo determina e condiziona la strutturazione degli schemi motori e l’acquisizione delle abilità motorie, una loro carenza ne limita l’apprendimento.

Le capacità motorie possono essere classificate in due grandi gruppi: le capacità coordinative e le capacità condizionali.

Queste due capacità (coordinativa e condizionale) non possono assolutamente essere separate tra di loro ma sono una in funzione dell'altra, per tanto sono da considerarsi strettamente interdipendenti. Infatti un movimento ben coordinato consente sicuramente un risparmio metabolico (energetico) così come l'utilizzo della forza o della velocità (intese come numero di fibre muscolari interessate al movimento) permettono gesti più precisi.

Per quanto riguarda il loro sviluppo, è bene ricordare che esistono delle “fasi sensibili” entro le quali alcune capacità motorie, in virtù di una differente maturazione biologica, sono maggiormente allenabili rispetto ad altre. Ad esempio nel periodo che va dai 5-6 anni fino ai 10-11 anni sono maggiormente allenabili le capacità coordinative in tutte le sue forme, mentre dal periodo puberale (12-14 anni) in avanti, con lo sviluppo endocrino e neuro-muscolare, è possibile organizzare piani di lavoro efficaci per lo sviluppo delle capacità condizionali.

Le capacità coordinative dipendono dal sistema nervoso centrale e costituiscono la base per l'apprendimento motorio e lo sviluppo qualitativo dei movimenti, quindi, consentono di eseguire un gesto, anche complesso, in maniera armoniosa ed economica. Letteralmente coordinazione significa "ordinare insieme", cioè organizzare i vari movimenti. Le capacità coordinative si distinguono in generali e speciali. Quelle generali rappresentano le tre fasi dell'appropriazione di un movimento (apprendimento, controllo e adattamento motorio), quelle speciali sono finalizzate al raggiungimento di uno scopo (combinazione/accoppiamento dei movimenti, differenziazione dinamica, equilibrio, ritmo, differenziazione e orientamento spazio-temporale, anticipazione e fantasia motoria).

Le capacità condizionali dipendono dalle caratteristiche fisiche, biochimiche (cioè energetiche) e morfologiche di un individuo; sono quindi strutturali al movimento e determinano la condizione fisica e la prestazione sportiva di una persona. Esse sono la forza, la resistenza e la velocità.

Tra le capacità motorie troviamo anche la mobilità articolare, ma poiché presenta elementi comuni sia alle capacità coordinative che a quelle condizionali, alcuni studiosi la considerano a sé stante.

Si definiscono abilità motorie tutte quelle azioni che, attraverso la ripetizione del gesto, vengono apprese in modo stabile da un individuo, tanto da essere ripetute in modo automatico, cioè senza l'intervento consapevole dell'attenzione. Si identificano quindi con la parte visibile del movimento e rappresentano il risultato finale di un processo di apprendimento.


Le capacità coordinative

Le capacità coordinative definite anche con il termine di destrezza, sono strettamente legate allo sviluppo e la maturazione del sistema nervoso centrale (s.n.c.) di un individuo ed è la capacità di apprendere, adattare e controllare un movimento.

L'apprendimento di un gesto sportivo è facilitato dalla presenza in memoria di un ricco bagaglio di precedenti coordinazioni acquisite, pertanto il miglioramento della destrezza permette di: coordinare movimenti precisi, apprendere facilmente e rapidamente nuovi movimenti, adattare velocemente le precedenti esperienze motorie a nuove situazioni, esprimere in maniera efficace le doti di forza, resistenza e rapidità (capacità condizionali).

La coordinazione è una capacità innata dell'individuo, però deve essere sviluppata e allenata. Il periodo migliore per allenare le coordinazione è indicato come “prima età scolare” che va 6-7 a 11-12 anni. Questa età è ottimale per intervenire sulle capacità coordinative, infatti, l'apprendimento è molto veloce, anche se non corrisponde un'adeguata fissazione dei movimenti. Per questa ragione, tutto ciò che si è appreso deve essere ripetuto un numero sufficiente di volte, se si vuole che sia integrato stabilmente nel bagaglio motorio del bambino, inoltre è giusto aggiungere sempre nuovi stimoli variando anche le situazioni.

Le capacità coordinative si suddividono in: capacità coordinative generali e speciali che sono un espressione più fine e precisa di un movimento generico.

Le capacità coordinative generali sono:

Capacità di apprendimento motorio: consiste nella capacità di apprendere nuovi gesti e movimenti. Come già detto è molto fertile tra i 6 e 10 anni e si raggiunge la massima capacità di apprendimento tra i 10 e 12 anni dove il fanciullo accentua la concentrazione e riesce a percepire un movimento da una forma più globale ad una più analitica.

Capacità di controllo motorio: è la capacità di controllare il movimento in funzione dello scopo previsto, e cioè di raggiungere esattamente il risultato programmato del movimento o dell'esercizio. Questa capacità si sviluppa tra i 6 e i 7 anni e dopo i 7 anni migliora decisamente grazie alla capacità del fanciullo di recepire meglio i feedback del proprio movimento, con ottimi risultati sul controllo motorio.

Capacità di adattamento e trasformazione del movimento: consiste nella capacità di adattare o trasformare il programma motorio prestabilito a mutamenti inattesi ed improvvisi della situazione, quindi interruzione del movimento programmato con una prosecuzione che adotti altri schemi e programmi motori ugualmente efficaci. Questa capacità si sviluppa parallelamente alle altre due.

In sintesi all'inizio viene appresa una capacità motoria, successivamente viene perfezionata (controllo e regolazione), poi adattata alle variazioni (trasformazione), da ciò scaturisce una nuova situazione di movimento (adattamento) e miglioramento.

Le capacità coordinative speciali sono:

Capacità di coordinazione segmentarla o di combinazione e accoppiamento dei movimenti : permette di coordinare adeguatamente tra loro i movimenti dei segmenti del corpo stesso (es: coordinazione segmentaria nella corsa, è allenabile con gli skip).

Capacità di orientamento spazio-temporale: consente di modificare la posizione e il movimento del corpo nello spazio e nel tempo, in riferimento ad un campo di azione definito (es: colpo di testa nel calcio, battuta- ricezione nella pallavolo…etc).

Capacità di anticipazione: permette di prevedere correttamente, sulla base di un calcolo probabilistico, sia l'andamento che il risultato di un'azione motoria, riprogrammando tempestivamente le operazioni successive (es: giochi di squadra).

Capacità di trasformazione: in base ai cambiamenti della situazione che sono stati percepiti o previsti mentre si sta eseguendo un'azione, di adattarne il programma alle nuove esigenze (es: giochi di squadra, adattarsi continuamente con i compagni e gli avversari).

Capacità di equilibrio: consente di mantenere in equilibrio il corpo o di recuperare la posizione desiderata dopo ampie sollecitazioni e spostamenti.

Capacità di reazione: permette di rispondere agli stimoli di un segnale, con azioni motorie adeguate (es: giochi di squadra).

Capacità di ritmo: rende organizzabili gli impegni muscolari di contrazione-decontrazione secondo un ordine cronologico ed un particolare adattamento ritmico.

Capacità di fantasia: permette di applicare con intelligenza e originalità il gesto motorio.

Un ruolo importante è dato dall'assunzione delle informazioni, attraverso gli analizzatori: tattile, visivo, vestibolare, acustico e cinestetico, che assume importanza diversa secondo la disciplina sportiva praticata. Le informazioni da parte degli analizzatori sono indispensabili alla realizzazione dei processi nervosi.


Le capacità condizionali

Le capacità condizionali sono quelle capacità che consentono di migliorare le prestazioni attraverso l'allenamento. Esse si basano soprattutto su processi energetici e metabolici dell'individuo e sono strettamente dipendenti dalle caratteristiche anatomiche e fisiologiche di alcuni apparati.

Le capacità condizionali sono identificate come : forza, resistenza e velocità.

Una caratteristica delle capacità condizionali è che esse esprimono il grado di condizione fisica della persona e variano con l’età. Nel corso dell'età non hanno un andamento lineare, infatti dipendono molto dall'accrescimento, quindi si modificano in funzione dell'età biologica, per questo durante la fase puberale, possiamo avere differenze notevoli ad esempio di forza (quindi di velocità e rapidità che vengono influenzate dalla forza) sia tra bambini della stessa età anagrafica e dello stesso sesso che tra maschi e femmine, addirittura con un vantaggio da parte delle femmine, per via dello sviluppo iniziato in genere 1-2 anni prima del sesso maschile.

Quindi possiamo dire che esse sono influenzate dalla condizione morfo-funzionale dell'organismo, ovvero dall'apparato cardio-circolatorio e respiratorio, dall'età, dal sesso, dalla massa muscolare, dal peso, dalla statura, e dalle caratteristiche biochimiche.

Diamo solo un cenno delle definizioni delle varie capacità condizionali:

Velocità: la velocità è una particolare espressione della rapidità nella quale al fattore tempo si aggiunge il fattore spazio. Purtroppo è molto difficile da allenare, si acquisisce e si allena in età scolare a circa 6-12 anni (es: scatto dei 100 metri). Se osserviamo dei bambini che si muovono, oppure durante lo svolgimento di un gioco, si spostano sempre con scatti di corsa seguiti da ampi recuperi, non è sicuramente una capacità dei fanciulli la resistenza dove si richiede di dosare le energie per protrarre il lavoro nel tempo.

Forza: è la capacità di vincere, o di opporsi a delle resistenze, è legata alle proprietà contrattili dei muscoli e si può allenare dopo il completamento dello sviluppo (es: sollevamento pesi).

Resistenza: è la capacità di protrarre un lavoro nel tempo, e contemporaneamente contrastare l'insorgere della fatica, mantenendo il più possibile inalterata la qualità del lavoro muscolare. Si allena dopo lo sviluppo ma si caratterizza in età matura dove gli scatti di velocità lasciano in posto alle gare di resistenza (è presente in tutti gli sport in particolare nelle discipline aerobiche come maratona, nuoto, ciclismo, etc…).

Tra le capacità condizionali possiamo considerare anche:

Mobilità articolare: è la qualità che permette di effettuare movimenti con la maggior ampiezza possibile. Questa è una capacità atipica, ovvero fa parte sia delle capacità condizionali che delle capacità coordinative.

Rapidità: capacità di compiere delle azioni motorie in un determinato tempo che sia il più breve possibile (es: la partenza dai blocchi, i lanci, etc…).


Gli schemi motori e le abilità

Gli schemi motori possiamo definirli come: sequenze di movimenti automatici realizzate in “modo automatico".

Gli schemi motori iniziano a svilupparsi da neonati grazie agli schemi motori di base che sono i primi movimenti che il bimbo apprende naturalmente e spontaneamente senza nessun insegnamento, tramite i quali può appropriarsi di tutto il bagaglio motorio necessario per la vita. Essi sono: camminare, correre, saltare, lanciare, afferrare, arrampicarsi, dondolarsi, strisciare, rotolare, ecc… Crescendo con l'età il bagaglio motorio si espande, così gli schemi motori si evolvono e il loro sviluppo è progressivo, per stadi, ogni stadio necessita del precedente ed avviene con la pratica, senza particolare attenzione alla qualità del gesto. Così facendo si acquisiscono le abilità.

Si definiscono abilità motorie tutte quelle azioni e movimenti che, attraverso la ripetizione del gesto, vengono apprese in modo stabile da un individuo, tanto da essere ripetute in modo automatico, cioè senza l'intervento consapevole dell'attenzione. Si identificano quindi con la parte visibile del movimento e rappresentano il risultato finale di un processo di apprendimento.

 

Le abilità motorie si possono definire come: azioni intere o loro componenti che si automatizzano attraverso la ripetizione; si costruiscono sulle capacità motorie, e necessitano di essere apprese; il loro sviluppo è determinato fortemente dal livello di evoluzione delle capacità coordinative. Le tecniche sono considerate abilità motorie.

Con l'evoluzione degli schemi motori di base e le abilità acquisite spontaneamente si possono aggiungere degli schemi motori specifici costruiti grazie ad insegnamenti, stimoli ricevuti dall'esterno e nuove esperienze motorie, come ad esempio gli schemi motori acquatici che devono essere totalmente appresi ed imparati.

Gli schemi motori acquatici sono “abilità motorie di base acquatiche". Come gli schemi motori di base costituiscono i presupposti indispensabili, i mattoni con cui costruire competenze più complesse. I principali schemi motori di base acquatici sono: immersione del corpo, immersione del capo, apertura di bocca e occhi sott’acqua, educazione respiratoria, rilassamento in acqua, capacità di equilibrio: statico e dinamico, in posizione prona e supina… la loro mancanza pregiudica ogni ulteriore acquisizione. Tutto ciò costituisce l'ambientamento acquatico.

Ecco un breve confronto tra le notevoli differenze degli schemi motori terrestri e acquatici.

Gli schemi motori terrestri sono ereditari cioè fanno parte della memoria arcaica della specie umana; dipendono dalla maturazione biologica e da stimoli provenienti dall'ambiente; si sviluppano in sequenza ossia ogni schema motorio include quello precedente; si strutturano in base a diversi sistemi di riferimento o analizzatori, in ordine di importanza sono: analizzatore visivo, vestibolare, cinestetico, tattile e acustico.

Gli schemi motori acquatici non sono ereditari e vengono costruiti grazie alla stimolazione dell'ambiente acquatico; l'unico schema motorio arcaico è la chiusura della glottide durante i primi mesi di vita (circa nove mesi) poi scompare; dipendono anche da una componente genetica (predisposizione fisica individuale) e una maturazione organica sopratutto del sistema nervoso; poiché dipendono da una stimolazione ambientale si sviluppano in funzione degli stimoli ricevuti; si strutturano in base a una riorganizzazione dei sistemi di riferimento o analizzatori che si devono adattare al nuovo ambiente, in ordine di importanza sono: analizzatore vestibolare, cinestetico, tattile e visivo.

Inoltre l'ambiente acquatico si differenzia da quello terrestre per delle specifiche caratteristiche come: appoggi cedevoli, resistenza all'avanzamento molto più elevata, contrazioni di tipo isocinetico (si intende una contrazione in cui il muscolo si accorcia o si allunga a velocità costante e la forza è massimale durante tutto l'arco del movimento), variazioni di equilibrio statico e dinamico.

Quando si insegna una nuova abilità a degli allievi si deve considerare una certa sequenza didattica ossia: presentazione dell'abilità da insegnare; dimostrare e spiegare brevemente l'abilità; fare in modo che il gruppo segua adeguatamente l'abilità; fornire le informazioni necessarie alla correzione degli errori (feedback).


Gli analizzatori e lo schema corporeo

Gli analizzatori

Gli analizzatori hanno il compito di percepire e raccogliere tutte le sensazioni, informazioni e gli input del mondo esterno trasmettendoli al sistema nervoso centrale che li elabora, generando delle reazioni o facendo compiere determinate azioni. Le informazioni trasmesse dagli analizzatori sono fondamentali per l'apprendimento delle capacità coordinative e dei movimenti.

Gli analizzatori sono: cinestetico, vestibolare, visivo, uditivo e tattile.

Analizzatore cinestetico: percepisce i movimenti del corpo. Con alta capacità di differenziare gli stimoli, è collegato a tutti gli altri analizzatori ed è fondamentale nella percezione spazio temporale di tutti i movimenti del nostro corpo. L’impiego dell’analizzatore cinestesico consente la gestione ed il controllo del tono funzionale, utile nel compimento di movimenti fini e parziali, ma anche nell’espressione del giusto grado di tensione da esercitare nelle diverse parti di un movimento globale. Coadiuva gli aggiustamenti posturali ed i movimenti in genere, recependo il grado di tensione muscolo-tendinea ed avviando adeguate risposte neuromuscolari. È un valido aiuto nei contesti in cui l’analizzatore visivo non può esprimere pienamente il suo potenziale.

Analizzatore vestibolare: permette di percepire spostamenti, accelerazione, direzione del movimento e coadiuva il mantenimento ed il ripristino dell’equilibrio. Trasmette la posizione del capo e del corpo nello spazio e nel tempo, assieme a quello cinestetico è detto interno, poiché interne sono le vie attraverso cui passano le informazioni.

Analizzatore visivo: è importantissimo ed elabora la maggior parte delle informazioni, controllando quello che succede al nostro corpo ed al mondo che lo circonda. Lo stesso processo di apprendimento dell’uomo è consentito per una percentuale analoga agli analizzatori visivi. L’analisi visiva è determinante nei movimenti fini e balistici che l’individuo può compiere, ed è alla base della possibilità di memorizzare le caratteristiche degli oggetti e dell’ambiente.

Analizzatore uditivo: è in grado di fornire informazioni verbali o acustiche (rumore del movimento dei compagni, rimbalzo della palla ecc.). Consente di organizzare i movimenti in maniera ritmica, la localizzazione spazio-temporale della fonte sonora. In un contesto di apprendimento motorio consente l’interazione e la trasmissione delle consegne.

Analizzatore tattile: riceve ed interpreta tutti gli stimoli agenti sulla cute, o prodotti dall’azione meccanica. È di fatto indispensabile nella manipolazione, nell’apprendimento della consistenza e della forma degli oggetti. Ma anche nella percezione della propria posizione nello spazio, attraverso l’analisi della distribuzione del peso corporeo, possibile attraverso la sensazione offerta a livello plantare.

 

Lo schema corporeo

Lo schema corporeo è insieme delle immagini mentali che l'individuo crea grazie agli analizzatori rispetto al proprio corpo. Si sviluppa un vero e proprio disegno mentale, inizialmente molto grezzo poi sempre più definito. Il tutto dipende dal sistema nervoso centrale che completa la sua maturazione intorno ai 12 anni. Lo schema corporeo consente di prendere la consapevolezza di noi stessi nello spazio e nel tempo, delle persone, degli oggetti e dell'ambiente che ci circonda.

Un buon lavoro per disegnare lo schema corporeo inizia in età prescolare con stimoli e obbiettivi da raggiungere come: percezione e riconoscimento del proprio corpo (segmenti); acquisizione e consolidamento degli schemi motori di base; percezione dello spazio (alto, basso, avanti, indietro, fuori, dentro, destra, sinistra) e del tempo (prima, dopo, lento, veloce); lateralità (individuazione degli arti dominanti); educazione respiratoria.

Poiché stiamo lavorando in età prescolare e scolare è consigliabile operare: motivando con entusiasmo, accontentandosi di esecuzioni in forma globale, utilizzare il gioco, enfatizzare con racconti di favole e imitazioni di animali, utilizzare sussidi didattici, lavorare con tanti schemi motori (abilità), aumentare gradualmente la difficoltà e creare situazioni nuove per non annoiare i bambini.


La prestazione sportiva

La prestazione sportiva è un risultato soggettivo ed individuale di una persona che si impegna in una pratica sportiva. Generalmente è data da un rapporto spazio/tempo o dall'efficacia del movimento.

Per ottenere una buona prestazione concorrono numerosi fattori: costituzione, condizione, coordinazione, controllo, e soprattutto quello più importante che è la motivazione.

Costituzione: sono le caratteristiche fisiche dell'individuo (es. la misura dei segmenti corporei, il peso, l'altezza, il peso specifico ecc.) e la sua preparazione atletica.

Condizione: è caratterizzata dall'efficienza dei grandi apparati (es. cardio-circolatorio) che determinano forza, resistenza e velocità (capacità condizionali).

Coordinazione: è caratterizzata dalla capacità del sistema nervoso centrale di apprendere, regolare, modificare ed adattare un movimento (capacità coordinative).

Controllo di un azione: si intende la capacità di gestire l'insieme dei processi emotivi, cognitivi e motivazionali presenti al momento della prestazione.

La prestazione si migliora seguendo un costante allenamento ben gestito da allenatori preparati tecnicamente.


La scuola di nuoto

La scuola di nuoto

La scuola di nuoto è l'ambiente ideale per imparare le tecniche del nuoto. La scuola è frequentata da bambini e adulti che decidono di imparare a nuotare o di perfezionarsi in questo bellissimo sport. L'ambiente ideale per la scuola di nuoto è la piscina, in quanto nel mare per un principiante ci sono più difficoltà e rischi, come il moto ondoso e le correnti, inoltre il mare è più dispersivo e mancano tutte quelle attrezzature che garantiscono la sicurezza. Nuotare in mare è bellissimo ma è consigliato solo ai nuotatori più esperti e prudenti. La piscina si può considerare come una particolare palestra costruita e adattata per far fronte a tutte le esigenze degli utenti, dai principianti agli atleti.

Ognuno di noi ha in mente un modello di nuotatore, che è "l'atleta Olimpico". Chiaramente in piscina ci troveremo ha lavorare con persone che sono agli inizi e quindi molto lontani da questo modello perfetto. Il nostro compito e di impegnarci nell'insegnamento del nuoto cercando di portare i nostri allievi il più vicino possibile al modello del “nuotatore Olimpico”.

Una persona che si presenta in piscina è spinto da motivazioni che possono essere: intrinseche (o primarie) di origine: istintiva, biologica, psicologica o voglia di divertirsi. Oppure estrinseche (o secondarie) che sono generate: dall'ambiente circostante, consiglio dei genitori o di un medico.

Nel primo caso la scelta è del soggetto, mentre il secondo caso tipico dei bambini, non è una scelta spontanea, quindi ci si trova difronte a persone più rigide e timorose. Sarà compito del bravo istruttore motivare ed incentivare i suoi allievi.

I tempi di apprendimento del nuoto sono legati alla motivazione e all'attenzione dell'allievo.

La motivazione la trasmette l'istruttore, specialmente con i bambini che vengono in piscina non per loro volontà ma spinti dai genitori, creando un ambienta sereno, ricco di stimoli positivi, per rinforzare le naturali capacità intellettive e di apprendimento.

L'attenzione nei bambini dura circa 6-8 secondi e in totale non dura mai più di 20 minuti a lezione, (negli adulti poco di più). In fase di apprendimento non ha senso fare tante vasche perché l'attenzione scade e viene a mancare la concentrazione durante i movimenti.

 

 

 

L'istruttore

L'istruttore è la persona qualificata per l'insegnamento delle tecniche del nuoto, per cui rappresenta un importante figura di riferimento. Gli allievi devono conoscere l'istruttore prima che lui conosca loro, quindi per prima cosa ci dobbiamo presentare al gruppo. L'istruttore deve avere con i suoi allievi un approccio tecnico, ossia deve essere preparato sulla materia del nuoto e sicuro di se, ma è anche una persona con determinate caratteristiche umane di: accoglienza, professionalità, intrattenimento, ed infine è un leader a capo di un gruppo.

Per un istruttore è molto importante saper comunicare utilizzando i linguaggi verbali e non verbali, a volte “è più importante come lo dici rispetto a quello che dici”. Inoltre è importante saper interpretare i linguaggi del corpo, perché si possono leggere dei messaggi dei nostri allievi senza chiedere.

L'istruttore deve essere un animatore, perché senza una buona animazione non c'è coinvolgimento. Con i bambini è importantissima l'attività ludica finalizzata all'apprendimento. Imparando con il gioco i bimbi si divertono e ritornano volentieri.

L'istruttore è anche un educatore. Dopo aver conquistato l'interesse e l'attenzione, deve educare trasmettendo valori sociali, insegnando a collaborare e competere, sviluppando le potenzialità di tutti e cercando di capire se ci sono problemi tra i suoi allievi, aiutandoli a risolverli con la dovuta comprensione.

 

 

Progressioni didattiche e gestione del gruppo

Generalmente una progressione didattica dell'insegnamento del nuoto consiste in un adeguato ambientamento ed acquaticità per acquisire gli schemi motori di base specifici (es. corretta postura, educazione respiratoria, ecc.). Successivamente si introducono le scivolate con le battute di gambe. Poi si introducono le bracciate in forma grezza coordinando la respirazione. Infine si affinano i movimenti migliorando la tecnica.

Nel nuoto le progressioni didattiche, si devono utilizzare con cautela, perché i modelli di lezione precostruiti dove viene indicato una rigida successione ed un elenco di esercizi può rivelarsi dannoso, se non è adatto alla situazione.

Non basta proporre un esercizio per arrivare all'apprendimento, ma si deve comprendere il compito motorio con la riflessione del gesto sulla coscienza, per arrivare alla formazione dell'immagine motoria arricchita di sensazioni cinestetiche date dalla ripetizione del gesto che diventa cosciente. Infine stimolando una riflessione continua sul movimento si favoriscono le operazioni di controllo e regolazione sempre più raffinate.

Nell'insegnamento si può adottare il principio della sistematicità, cioè livelli di difficoltà crescenti degli esercizi e il principio della stabilità cioè verificare l'apprendimento di un'abilità prima di introdurne un'altra più complessa.

Quando si presenta un abilità si deve fare in modo che sia seguita da tutto il gruppo.

Il gruppo deve essere gestito: tenendo tutti i soggetti sotto controllo senza mai voltare le spalle e facendoli lavorare contemporaneamente anche se sono di livelli differenti. Non dare troppe spiegazioni tutte insieme ed evitare lunghi discorsi, utilizzando un linguaggio semplice che tutti possono comprendere. Alla fine degli esercizi occorre fornire sempre un feedback dicendo come è andata, inoltre si deve cercare di adattare gli esercizi della lezione alle condizioni strutturali dell'impianto.


Metodologia di insegnamento della tecnica

La tecnica del nuoto

La tecnica del nuoto, è un mezzo per assicurare il massimo rendimento energetico nel gesto motorio e all’azione propulsiva, naturalmente all’interno del quadro di regolamentazione stilistica.

I concetti base per apprendere la tecnica sono :

La tecnica, per essere efficace, deve adattarsi, in età adulta, alle caratteristiche morfologiche, funzionali e psicologiche dell’atleta.

I requisiti indispensabili per attuare una tecnica efficace sono: una buona respirazione e una buona efficienza propulsiva.

La buona efficienza propulsiva si ottiene: garantendo alla mano una presa d'acqua efficace, l'intensità crescente della forza durante la bracciata, il rapporto ottimale tra frequenza e ampiezza, la giusta impostazione degli angoli articolari, assicurando costanza e stabilità al movimento, eliminando la rigidità muscolare e movimenti superflui, infine, riducendo le resistenze sull'avanzamento.

Non è sufficiente eseguire correttamente il gesto, è indispensabile renderlo pienamente consapevole creando un immagine mentale e uno stereotipo dinamico.

 

Immagine mentale si ottiene quando il gesto è ben interiorizzato e chiaramente percepito, così può essere corretto o affinato. In questa fase l’insegnamento deve essere fondato sulla presa di coscienza dei propri movimenti da parte dell’allievo.

 

Stereotipo dinamico ovvero il modello interno che l’allievo si crea, deve essere estremamente flessibile. Questo gli permetterà di modificare la sua tecnica sia in funzione delle condizioni esterne che interne (forma fisica, cambiamenti antropometrici o psichici) l’insegnamento del nuoto non è fatto quindi di ripetizioni continue e prestabilite finalizzate alla produzione del medesimo gesto. Quello che dobbiamo fare, è mettere a disposizione dei nostri allievi, consapevolezze di quello che stanno facendo, ripetendo il gesto con attenzione e controllo continuo.

Creata l'immagine mentale e lo stereotipo dinamico otterremo: invarianza dell’effetto, cioè la capacità di produrre azioni efficaci in ogni circostanza. Spesso l’istruttore tende all’invarianza “del movimento”. Ricordiamoci di trasferire azioni e non movimenti.

Le fasi della formazione tecnica sono tre: la fase di acquisizione dei gesti nella forma di base e della loro parziale stabilizzazione; la fase del perfezionamento; la fase della piena disponibilità in ogni situazione (condizioni esterne variabili situazioni psichicamente o fisicamente stressanti).

Prima fase. Ricerca di un collegamento fluido tra i movimenti parziali, simultanei e/o successivi. I movimenti devono essere fluidi e continui con l’obiettivo di:avanzare in acqua; analisi e regolazione delle coordinazioni complesse (es: l'accordo di braccia e gambe); analisi e regolazioni degli aspetti dinamici e ritmici (distribuzione della forza all’interno della bracciata).

Ricordiamoci che l’apprendimento del gesto consiste nell'appropriarsi della funzione e non solo della forma.

L’insegnamento in questa fase deve migliorare: i processi percettivi, l’elaborazione cognitiva, la coordinazione e produrre un risultato (non cronometrico!). Le esercitazioni non andranno scelte solo per l’utilità immediata, ma anche per sollecitare il transfer motorio, fenomeno essenziale per lo sviluppo qualitativo dei movimenti.

 

Seconda fase. Stabilizzazione (automatizzazione) degli elementi fondamentali della struttura del movimento; analisi, affinamento ed eventuale correzione dei dettagli.

Terza fase. Consolidamento dei dettagli e sviluppo delle capacità di variazione. Per poter affinare il gesto: migliorare l’immagine ideo-motoria, presa di coscienza del feedback motorio, capacità di confrontare i due modelli precedenti, regolare il gesto appreso attraverso ripetizioni consapevoli.

 

Insegnamento ed evoluzione della tecnica

La tecnica quando viene insegnata può avere diverse forme: esiste l'immagine esterna, ossia ciò che l'istruttore vede e il contenuto della tecnica, ossia ciò che l'allievo sente.

Durante l'apprendimento inizialmente si avrà una tecnica elementare con una coordinazione grezza costituita da movimenti grossolani ma che devono necessariamente essere: ampi, con ritmo e velocità corretti.

Dopodiché si avrà l'evoluzione della tecnica dove verranno affinati i movimenti con traiettorie precise, alla ricerca di una maggiore efficacia ed economicità del gesto in funzione della disciplina sportiva.

La tecnica deve essere imparata applicando molta attenzione e concentrazione sul movimento che si sta eseguendo. L'apprendimento deve avvenire in forma plastica cioè il gesto deve essere pensato e corretto per non essere dimenticato, e non con ripetizioni meccaniche.

La tecnica è considerata appresa quando i movimenti sono svolti naturalmente, ma anche pensati.

Il complesso processo di apprendimento del nuoto, impone la verifica delle varie progressioni didattiche, non solo in funzione del livello tecnico dell’allievo ma anche in funzione della fascia d’età.

Vediamo gli obiettivi da perseguire in funzione dell'età, ma ricordiamoci che esiste l'età anagrafica che è oggettiva e consiste nel conteggio degli anni dal giorno che siamo nati e l'età biologica che è soggettiva ed è la più importate, perché riguarda le effettive condizioni di maturità fisica e psicologica di ognuno di noi.

Fascia 3-4 anni : a quest'età i maggiori problemi sono dovuti alla modesta capacità di controllo del movimento, difficilmente “impareranno a nuotare”. Gli obiettivi sono minimi: accettazione psicofisica dell’acqua e acquisizioni di elementari percezioni specifiche, immersione del volto in acqua con apertura di occhi e bocca, controllo dei meccanismi respiratori, controllo dell’equilibrio in condizioni dinamiche e statiche con e senza attrezzi, acquisizioni di forme semplici di galleggiamento autonomi, realizzazione di semplici spostamenti subacquei ed in superficie.

Fascia 4-6 anni: i processi cognitivi, percettivi e motori migliorano sensibilmente. C'è già una base coordinativa che permette di apprendere le tecniche elementari del nuoto. Il bimbo è in grado di percepire il feedback ma in modo grossolano. Il modello di apprendimento è sicuramente quello per imitazione. Dobbiamo essere disposti a mimare il gesto più volte. Le spiegazioni complesse non servono spesso la dimostrazione non è sufficiente e dobbiamo dare riferimenti appartenenti al loro mondo. Hanno una capacità di attenzione fortemente ridotta e legata alla motivazione. Gli obiettivi dell’insegnamento in questa fascia di età sono l'ambientamento che in questa fase deve essere completato, in modo che il bambino sia capace di costruire movimenti complessi in acqua. Non si può pensare di strutturare la tecnica dorso o crawl senza aver creato un’acquaticità di base, che si fonda sullo sviluppo di schemi elementari di percezione e movimento in acqua. (Questo succede troppo spesso nelle scuole nuoto, quando ai bambini viene proposto l’apprendimento delle nuotate dopo i primi galleggiamenti trascurando tutti gli altri aspetti dell’acquaticità). Verso i 5 anni dopo l’opportuno periodo di ambientamento si possono proporre azioni motorie globali, dando importanza: alla ricerca dell’avanzamento, alla fluidità e continuità, agli aspetti ritmici principali.

Fascia 7-12 anni: questa è l’età d’oro dell’apprendimento bisogna stimolare al massimo le capacità coordinative. Hanno forte motivazione intrinseca a scoprire, sperimentare, misurarsi e sfidare. Bisogna insistere con “l’esplorazione orizzontale” con una varietà di esperienze motorie, cercando di adattare i movimenti al fisico che è in fase di crescita e cambia in continuazione.

Fascia 12-20 anni: a questa età avviene il picco di crescita ed il fisico si sviluppa completamente. Se precedentemente si è fatto un buon lavoro si possono stimolare le capacità condizionali (forza, resistenza e velocità). Le capacità coordinative sono al servizio delle capacità condizionali. Inoltre si affinano i movimenti per una tecnica davvero ottimale.

Per insegnare la tecnica ci sono due metodi: seriale e parallelo.

Metodo seriale: apprendimento ottimale degli scivolamenti, per poi passare alla progressione didattica con apprendimento sequenziale alla battuta di gambe, ottimizzata la quale si passa alle braccia.

Metodo in parallelo: proporre stimoli nuovi anche quando i precedenti non sono del tutto ottimizzati.

 

Riconoscere e correggere gli errori

L'errore nasce da un'inadeguata rappresentazione del movimento o percezione del programma motorio, oppure da un'incapacità di modificare il gesto.

Per scoprire ed eliminare gli errori dobbiamo procedere con: l’osservare, valutare, identificare gli errori e correggere tramite consigli e istruzioni.

Osservare. Può essere schematizzato in due grosse parti: l’analisi dello svolgimento dell’intera azione e/o di una sua parte (forma). La comprensione dell’aspetto interno (contenuto), cioè di come l’allievo percepisce il proprio gesto, nonché come pianifica, realizza, controlla e regola il movimento. La comprensione del contenuto può dipendere: dall'assetto del corpo, gli angoli articolari, velocità e traiettorie di movimento.

Un buon istruttore sottopone al proprio analizzatore motorio i risultati dell’osservazione. Nella comparazione con il suo modello elabora una nuova proposta didattica. Diventa fondamentale aver provato sulla propria “pelle” tutte le proposte didattiche proposte ai propri allievi. Altre informazioni possono arrivare attraverso i racconti dei nostri allievi (molto utile con soggetti evoluti). Ricordiamoci di tarare il nostro sistema di riferimento (teoria di apprendimento dell’abilità motoria) perché l’analizzatore motorio sia efficace.

Osservandodobbiamo ricordarci che le aspettative orientano la percezione. L’osservare differisce dal guardare per la presenza di un obiettivo concreto che guida la raccolta dei dati. Non sono gli occhi dell’istruttore a “vedere” ma il suo cervello, egli percepisce solo quando si aspetta di vedere.

Valutare. Nella fase di apprendimento doppiamo tener conto: dell’età del bambino, del livello motorio attuale (livello di capacità coordinative e condizionali), delle esperienze motorie realizzate nel campo specifico (anzianità di nuoto), delle componenti soggettive ed ambientali (emotività, motivazione attuale, ambiente fisico).

Identificare gli errori. Ricordiamoci che l’osservazione del gesto deve avvenire come attraverso uno zoom: prima nel suo complesso, continuità, ritmo, accoppiamenti dei movimenti, assetto in acqua, poi nei singoli particolari (dimenticandosi tutto il resto al di fuori della visuale inquadrata).

Un errore può essere: raro (casuale), periodico (probabile) o regolare (costante) in questo caso va corretto immediatamente.

Gli errori principali sono: errori respiratori, mancanza di rilassamento, pause nelle azioni motorie, errori di ritmo, errori di posizione del capo.

Correzione degli errori. Gli errori devono essere corretti tempestivamente per evitare che il gesto sbagliato venga automatizzato. Per correggere l'errore dobbiamo definire: le modalità di presentazione dei compiti con informazioni verbali e non verbali, l'incremento della motivazione e la capacità di interpretazione della comprensione dell’allievo nei confronti delle informazioni.

Nella procedura di correzione bisogna tenere conto che: può essere corretto un solo errore per volta, un errore raramente si presenta isolato, spesso il gesto è viziato da molti difetti in interazione tra loro. I rinforzi e le approvazioni contribuiscono a stabilizzare le nozioni apprese (autostima).

Ricordiamoci di variare di più e correggere di meno!

Inoltre è necessario puntualizzare che i movimenti grossolani che caratterizzano l’inizio dell’apprendimento di nuovi gesti NON sono ERRORI. Tecnica e competenza motoria si formano attraverso l’errore.

Il processo di apprendimento passa inevitabilmente attraverso esecuzioni imperfette, una tecnica corretta e ben interiorizzata nasce anche dall’errore. I gesti scadenti caratteristici delle prime esecuzioni in forma generale, non sono errori, ma forme grossolane di apprendimento. Sono da considerarsi errori i gesti imperfetti che si ripetono invariati con una certa frequenza: in questo caso devono essere corretti.

Strategie di eliminazione degli errori (o riduzioni degli effetti negativi): correzioni immediate, correzioni preventive (riferimenti anticipati corretti e positivi).

Con la correzione immediata si ottengono due effetti: l'eliminazione degli errori e la formazione della componente motoria, cioè la capacità di produrre, controllare e perfezionare il movimento.

I suggerimenti preliminari dell’istruttore devono incrementare la concentrazione e favorire la presa di coscienza del gesto, dirigendo l’attenzione sugli aspetti cruciali dell’azione e su come la stessa si sviluppi nel tempo, consentono di richiamare alla coscienza gli aspetti essenziali del gesto precedentemente memorizzati.

Le informazioni durante l’esecuzione devono essere: positive (si indica con gesti appropriati ciò che si deve fare, non l’errore), limitate al punto cruciale e stereotipate (basate su cenni, segnali o parole ben conosciute e comunemente utilizzate).

I mezzi per eliminare gli errori sono: descrizione del gesto tramite esempi e metafore; utilizzo degli accenti e toni della voce per sottolineare le fasi del movimento; un'azione diretta manuale sulla sensibilità muscolare; aumentare l'autostima dell'allievo.

 

Il feedback

Il feedback è la valutazione dell'istruttore subito dopo l'esecuzione di un esercizio, fornendo immediatamente informazioni e consigli. Il feedback è anche la valutazione tra corpo e mente dell'allievo stesso.

Il feedback è efficace se:

Evidenzia la differenza tra valore effettivo (risultato) e valore nominale (programma) e indica cosa fare (di diverso), e perché, nella ripetizione successiva (istruzioni sintetiche e precise).

Vengono fornite al massimo due o tre informazioni in modo programmato e sintetico subito dopo l’esecuzione (entro circa 5-10 sec.) e prima del successivo tentativo con precisione e con frequenza adeguata.

Avvengono attraverso una riflessione del gesto effettuato (l’allievo si concentra sul gesto eseguito e cerca di riportarlo alla memoria). Utilizzando più modalità comunicative (visive, verbali, tattili).

Sostengono la motivazione, hanno cioè l’effetto di stimolo e di sfida, collocandosi all’interno di un rapporto equilibrato tra correzione e rinforzo. Integrando lo sforzo autonomo di autocorrezione dell’allievo senza sostituirsi ad esso.

Ripetizione successiva entro 30 sec.


Ambientamento ed acquaticità

L'acquaticità è il processo attraverso il quale l'allievo arriva a costruire il proprio "senso dell'acqua". La sperimentazione dell'ambiente e del proprio corpo in relazione al mezzo gli consentono di costruirsi delle abilità acquatiche.

L'acqua è un liquido con caratteristiche e leggi fisiche totalmente diverse dall'ambiente terrestre. Nuotare significa saper stare e muoversi in acqua senza annegare, imparando le tecniche per adattarsi a questa situazione totalmente diversa, per questo motivo il nuoto è uno sport che si impara esclusivamente stando in acqua, gli esercizi a secco (es. le bracciate o i colpi di gambe) sono utili solo per creare un'immagine mentale del movimento che si deve compiere in acqua e non per imparare a nuotare.

L'acqua è un liquido 800 volte più denso dell'aria per cui c'è molta più resistenza nei movimenti; asporta il calore 20 volte più velocemente dell'aria quindi stando troppo fermi si sente freddo molto più facilmente; i suoni sotto l'acqua si propagano 4 volte più velocemente, per cui non si riesce ad individuare la direzione da cui provengono.

Inoltre a terra la locomozione avviene: con il corpo in posizione verticale, le gambe motrici e le braccia equilibratrici, la vista orizzontale, riflessi plantari, l'equilibrio è instabile (consiste nella continua ricerca del baricentro per non cadere) e i punti di appoggio sono fissi. In acqua la locomozione avviene: con il corpo in posizione orizzontale, le braccia motrici e le gambe equilibratrici, la vista verticale, perdita dei riflessi plantari, l'equilibrio è stabile (consiste semplicemente nel lasciarsi andare) e i punti di appoggio sono cedevoli.

Così un bambino o una persona che non sa nuotare entrando in acqua viene colto da un disagio per questo ambiente totalmente nuovo, ed è normale che nascano idee e paure legate all'acqua. I primi pensieri sono: "l'acqua mi inghiotte e affondo"; "l'acqua mi entra in bocca, nel naso, nelle orecchie e negli occhi, quindi mi riempe e mi soffoca". Come se non bastasse, la piscina è un ambiente molto luminoso, caotico e dispersivo così a causa di queste aggressioni visive e uditive un bimbo può essersi colto da un senso di abbandono. A questo punto è chiaro che nasce la paura psicologica dell'acqua cioè di affondare, di bere e annegare.

Per queste ragioni il bambino o l'allievo che si presenta per la prima volta in piscina deve affrontare un periodo adeguato di ambientamento per vincere e superare le paure senza traumi, ed imparare a conoscere l'acqua con l'aiuto dell'istruttore che deve essere una persona: accogliente e sicura di se.

L'ambientamento è fondamentale e si costruisce per gradi:

Entrata graduale del corpo in acqua. L'istruttore sta in acqua per accogliere l'allievo e garantirgli la sicurezza.

Immersione graduale del capo: mento, guance, orecchie, bocca, naso, viso e testa.

Apertura degli occhi.

Apnea.

Educazione respiratoria. Ha un'importanza fondamentale, perché nella vita terrestre la respirazione è spontanea e naturale con un rapporto paritario tra il tempo di inspirazione ed espirazione, mentre nel nuoto la respirazione è volontaria e coordinata al movimento delle bracciate, inoltre l'acqua è dura quindi l'espirazione dura circa tre volte di più rispetto all'inspirazione.

Galleggiamento orizzontale: prono e supino

Galleggiamento verticale e spostamento. I primi spostamenti si ottengono nuotando come il “cagnolino” (primo rudimentale stile di nuoto per garantire brevi spostamenti).

Scivolamenti: prono e supino.

Apprese queste abilità il nostro allievo ha acquisito l'acquaticità necessaria per iniziare ad imparare le prime tecniche natatorie. Sarebbe impensabile oltre che un grave sbaglio dell'istruttore iniziare a costruire delle tecniche se prima non si è appreso l'ambientamento e l'acquaticità.


Gli stili di nuoto

Gli stili principali di nuoto sono quattro:

Il nuoto non prevede interruzioni dei movimenti, per cui uno stile si considera completo e corretto quando i movimenti sono: continui, ampi e con le giuste traiettorie.

 

 

 

Crawl

CRAWLIl Crawl costituisce la tecnica di nuotata più conosciuta, essendo la più efficace ed economica per avanzare nell’acqua. Nelle gare di stile libero è possibile nuotare con qualunque stile, ma il crawl è l'unico praticato, proprio perché rispetto agli altri assicura la massima velocità e per questa ragione spesso viene chiamato e conosciuto con il nome di “stile libero”.

La posizione del corpo è prona mantenendosi perfettamente orizzontale in modo da offrire la minore resistenza possibile all’avanzamento e la respirazione è laterale.

La propulsione è data al 70% dalle braccia e al 30% dalle gambe che anno una funzione più stabilizzatrice.

I movimenti del crawl sono alternati in quanto mentre un braccio è in trazione l'altro è in recupero e viceversa, così come per le gambe.

Inoltre le spalle si muovono con un certo rollio che favorisce: la presa del braccio, la respirazione e la resistenza dell'avanzamento in acqua.

La gambata deve essere regolare e continua, senza interruzioni. Inizia con il movimento dell'anca, per trasferirsi con fluidità al resto dell'arto, con un leggero e naturale gioco al ginocchio ed alla caviglia. Le gambe devono essere distese naturalmente con piedi leggermente intraruotati. La maggiore propulsione è data dalla fase discendente della gambata e in misura di molto inferiore anche in fase ascendente (recupero). L’ampiezza per un corretto colpo di gamba deve variare tra i 30 e i 40 cm a seconda dell’altezza dell’atleta. L’impulso all’avanzamento viene fornito quasi esclusivamente dal dorso del piede per questo una buona scioltezza della caviglia è importante. L’interruzione della battuta di gambe e imputabile essenzialmente a due cause: eccessiva rotazione delle spalle durante la respirazione, che provoca la rotazione dell’anca e quindi l’incrocio delle gambe o la mancanza di coordinazione fra braccia e gambe ossia l'abilità non è ancora ben acquisita. Normalmente la coordinazione con la bracciata prevede quattro o sei colpi di gambe.

La bracciata si divide in due parti: la parte subacquea che è propulsiva e la parte aerea che è di recupero.

La fase subacquea è ulteriormente composta da altre tre fasi: presa, trazione e spinta. La mano deve disegnare una "esse", prima verso l'esterno e poi verso la linea mediana, questo allo scopo di trovare punti con acqua ferma. (La massima velocità della mano può essere raggiunta solo per una frazione di secondo, poi deve cambiare direzione per evitare di scivolare nell'acqua).

La presa avviene con l’ingresso della mano in acqua con le dita che entrano per prime, allineate con l’asse della spalla. La mano si infila in acqua a poca profondità, seguita dall’avambraccio, dopodiché avviene l'iperestensione del braccio aiutato dal rollio delle spalle, che scende in acqua con una traiettoria curvilinea orientata verso l'esterno.

La trazione avviene dopo una buona presa. Affinché la mano e l’avambraccio possano trovare un saldo punto di trazione sull’acqua, quest’ultimo (avambraccio) si flette sul braccio (flessione del gomito alto) con un angolo che dovrebbe essere maggiore di 90°. Per aumentare la propulsione si effettua un cambio di orientamento della posizione del palmo della mano, che ruota verso l’interno passando leggermente sotto il torace, ma non sotto alla spalla opposta, fino a portare le dita in basso (traiettoria che descrive la "esse") raggiungendo una posizione approssimativamente perpendicolare all’asse di avanzamento.

La spinta è la fase più efficace e propulsiva della bracciata ed avviene con un aumento del ritmo. Una volta raggiunto il punto di massima flessione del gomito, inizia la fase di spinta con l’avambraccio che comincia a stendersi. La spinta termina quando l'avambraccio è completamente disteso. La mano che deve uscire dall’acqua sotto all’anca, all’altezza della coscia con il gomito teso.

Il recupero avviene fuori dall’acqua (aereo), con il braccio in posizione flessa, il gomito alto, la muscolatura rilassata e con la mano che sfiora la superficie dell’acqua. Il recupero inizia al termine della fase di spinta quando per prima la spalla, seguita poi dal braccio e dall’avambraccio si svincolano dall’acqua aiutati dal rollio. L’avambraccio si flette sul braccio e la mano è rilassata.

La respirazione avviene con la rotazione del collo facilitata dal rollio delle spalle dal lato del braccio che termina la fase di spinta e l'inizia il recupero, in questo istante avviene l'inspirazione. L'espirazione avviene per tutta la durata della fase di immersione del capo ed ha un tempo circa tre volte superiore all'inspirazione. La respirazione avviene esclusivamente con la bocca e solitamente si coordina: un'inspirazione ogni tre o cinque cicli di bracciate.

 

 

Dorso

DORSOIl Dorso è uno stile considerato dagli allievi alle prime esperienze: innaturale, a causa della posizione supina sull'acqua, che non permette di vedere i movimenti affidandoli quasi interamente all'analizzatore cinestetico, per questo diventa difficile affinare la tecnica. Inoltre non si riesce a guardare nella direzione di avanzamento con difficoltà di orientamento. La postura corretta è supina con il corpo e le gambe ben distese sino ai piedi, le spalle e torace sono aperti (torace proteso in avanti), il bacino allineato al corpo senza affondarlo, il capo è appoggiato sull'acqua (orecchie immerse) e leggermente reclinato in avanti con il mento mantenuto sullo sterno.

I movimenti sono alternati e simili al Crawl ma invertiti, difatti il Dorso è anche conosciuto come “Crawl sul dorso”, la propulsione è data al 70% dalle braccia e al 30% dalle gambe che devono avere un buon movimento fluido per stabilizzare la nuotata.

Nel dorso si effettua un rollio delle spalle più accentuato rispetto al Crawl.

La respirazione è continua ed è facilita in quanto il viso rimane sempre fuori dall'acqua e per questo è consuetudine insegnarlo per primo. La respirazione è comunque coordinata con le bracciate.

La gambata avviene con i piedi distesi come se fossero il prolungamento delle gambe che sono rette. Il movimento è alternato partendo dall'anca per distendersi su tutto l'arto. Il piede affonda per circa 30/40 centimetri flettendo il ginocchio (recupero), poi risale fino alla superficie ma senza uscire dall'acqua. Al culmine della frustata della gamba verso l'alto il ginocchio (che mai deve uscire dall’acqua durante l’esecuzione del movimento) deve essere completamente esteso. Generalmente si eseguono sei battute di gambe per ogni ciclo di bracciata.

La bracciata come nel crawl si divide in due parti: la parte subacquea che è propulsiva e la parte aerea che è di recupero.

La fase subacquea è ulteriormente composta da altre tre fasi: presa, trazione e spinta.

La presa avviene con il braccio teso vicino al capo e parallelo all’asse di avanzamento con uno spostamento laterale e basso per cercare l'acqua ferma (il rollio delle spalle facilita questi movimenti). L’ingresso in acqua della mano avvenire con il mignolo.

La trazioneinizia quando la mano è affondata di 20/30 centimetri, favorita con il rollio delle spalle. Una importante fase della trazione è la traiettoria che la mano disegna nella parte subacquea. Il braccio inizia a spingere verso dietro e contemporaneamente avviene la flessione dell'avambraccio sul braccio (gomito alto). Quando la mano si trova all’altezza della spalla, mano, avambraccio, braccio e spalla, dovrebbero essere tutti sullo stesso piano e l’angolo formato tra avambraccio e braccio dovrebbe maggiore di 90°, a questo punto inizia la spinta.

La spinta è la fase più propulsiva e si ottiene con la completa estensione del braccio e un aumento del ritmo. Tale movimento è assecondato da una flessione dorsale del polso e termina con la mano, che nella parte finale, esegue una rotazione e una spinta verso il basso (frustata verso il fondo vasca). La frustata verso il basso non ha alcun effetto propulsivo ma serve a facilitare il rollio e lo svincolo del braccio dall’acqua per iniziare il recupero. L'applicazione della forza durante la spinta è una leva svantaggiosa di 3° grado per cui è difficile da imprimere.

Il recupero avviene con il braccio teso e rilassato, il polso deve uscire dall’acqua con un leggero anticipo rispetto al resto del braccio, anche qui il rollio favorisce i movimenti. La traiettoria della mano è perpendicolare rispetto alla superficie dell’acqua, per poi ruotare in fuori e rientrare con il mignolo in acqua.

 

 

Rana

RANALa Rana è lo stile più antico e più lento a causa della fase di spinta delle braccia che è quasi nulla e dei recuperi di braccia e gambe che sono subacquei e contrari all'avanzamento, il quale viene penalizzato.

La Rana è uno stile caratterizzato da tutti i movimenti simmetrici e simultanei tra gli arti superiori ed inferiori.

Questo stile provoca un sovraccarico nella zona lombare e nelle ginocchia, quindi non è consigliato a chi ha problemi di schiena o ginocchia.

La posizione del corpo è prona e la respirazione frontale.

La propulsione è data al 50% dalle braccia e al 50% dalle gambe.

La gambata nella Rana assume un’importanza maggiore che negli altri stili. La tecnica che viene adottata è quella del colpo “a frusta”. Tale tecnica si effettua con una flessione della gamba sulla coscia e di questa sul bacino con un angolo di circa 120°, piedi quasi in superficie e ginocchia piuttosto vicine tra loro. A questo punto i piedi effettuano un extra rotazione verso l’esterno (piedi a martello) trovando la giusta posizione di spinta, che avviene quindi con la parte interna della pianta del piede e con una energica “frustata” in fuori dietro. Terminata la fase di spinta i piedi tornano ad unirsi in completa distensione. La spinta deve avvenire velocemente mentre la fase di recupero deve essere effettuata più lentamente per non penalizzare ulteriormente la propulsione.

La bracciata è tutta subacquea sia la parte propulsiva che quella di recupero. La parte propulsiva si divide in tre fasi: presa, trazione e una quasi nulla fase di spinta. In questo stile la bracciata deve essere ben coordinata con il movimento delle gambe per ottimizzare l'avanzamento, piccoli errori di coordinazione compromettono pesantemente la nuotata, quindi per descrivere la bracciata a rana è necessario inquadrarla nella coordinazione generale della nuotata.

Il nuotatore si trova in assetto di scivolamento con le braccia alte, le palme della mano lievemente ruotate verso fuori e i pollici in basso.

Da questa posizione la mano va in presa tirando in fuori e in basso. Durante la presa il braccio è disteso. In un secondo momento i gomiti cominciano a flettere, e le mani, per mantenere una buona presa in acqua, affondano in direzione basso, fuori, dietro.

Inizia così la fase di trazione al termine della quale mani, gomiti e spalle sono sullo stesso piano. In questa fase i gomiti devono essere ben alti e tra braccio e avambraccio ci deve essere un angolo di circa 110° (quando inizia la fase di trazione le gambe sono distese).

A questo punto la testa inizia ad alzarsi, e viene effettuata la fase finale dell’espirazione (iniziata insieme alla fase di trazione).

Adesso, avviene la piccola e breve fase di spinta grazie ai gomiti che vengono chiusi velocemente comprimendo l'acqua. Le mani effettuano un movimento in dietro, dentro, basso che facilitano la fuori uscita del capo.

Quando la testa esce dall’acqua si effettua l’inspirazione e le mani si preparano ad essere spinte in avanti per iniziare il recupero.

Nel frattempo le ginocchia si flettono ed inizia il recupero delle gambe. Le mani quindi cominciano ad avanzare fino a distendersi completamente e in contemporanea la testa flette di nuovo in avanti fino a tornare sotto l’acqua (e i piedi si portano vicino i glutei).

Una volta che la testa si è abbassata avviene il colpo di gambe (frustata), mentre le braccia hanno quasi completato il recupero.

Per una corretta nuotata, prima di effettuare una bracciata, bisogna aspettare che le gambe siano distese, e, che contemporaneamente alla trazione, inizi l’espirazione che avviene molto intensamente concludendosi un attimo prima dell’uscita della testa dall’acqua, la quale, deve uscire quel tanto che basta per permettere al nuotatore di inspirare.

La velocità di spostamento della mano raggiunge il massimo valore durante trazione e non durante il recupero altrimenti si rallenta l'avanzamento.

 

 

Delfino

DELFINOIl Delfino,chiamato più tecnicamente Farfallaè lo stile più moderno e nasce intorno agli anni 50 dalla Rana.

Questo stile è il più spettacolare da vedere ma anche il più faticoso da nuotare, difatti rispetto agli altri stili è richiesta una certa forza e un buon sviluppo delle capacità condizionali, oltre ad una eccellente coordinazione.

Anche il Delfino è uno stile simmetrico caratterizzato dai movimenti simultanei di braccia e gambe. Il corpo del nuotatore si mantiene in posizione prona e la respirazione è frontale, generalmente viene utilizzato un ritmo equivalente di una respirazione ogni due cicli di bracciata. Anche in questo caso, la parte più propulsiva della nuotata è rappresentata dalla bracciata. Nonostante tutto, anche le gambe sono molto importanti e il loro movimento è complesso e spesso risulta più difficoltoso della bracciata.

Il nome di questo stile deriva dal caratteristico movimento ondulatorio che ricorda il modo di nuotare di un delfino. Il movimento ondulatorio non deve comunque essere eseguito in modo cosciente, ma deve essere la conseguenza del corretto movimento delle braccia e delle gambe.

La gambata ha un andamento simile a quella del Crawl ma è simultanea. Partendo da una posizione di gambe distese sotto l’acqua, queste vengono recuperate verso l’alto, prima con l’estensione del bacino, poi con la flessione del ginocchio. Quindi con una spinta verso il fondo della vasca, si effettua la distensione delle gambe, generando la propulsione in avanti, questo movimento parte dalle cosce, ma il bacino si muove per conseguenza delle forti contrazioni dei due quadricipiti. I piedi devono essere tenuti distesi, rilassati e leggermente intraruotati. I colpi di gambe sono due per ogni ciclo di bracciata. Il primo colpo di gambe viene effettuato nel momento in cui le braccia entrano in acqua ed ha una funzione nettamente propulsiva. Il secondo avviene al termine della fase di spinta e oltre a sostenere la propulsione, garantisce che le anche e il bacino non affondino, favorendo l’innalzamento delle spalle e del capo, per questo ha una funzione maggiormente stabilizzatrice.

La bracciata nel delfino si suddivide in due parti: la parte subacquea che è propulsiva e la parte aerea che è di recupero.

Buco serraturaLa fase subacquea è ulteriormente composta da altre tre fasi: presa, trazione e spinta. Le mani compiono una traiettoria che descrivono il "buco della serratura" simile alla figura accanto.

La bracciata del Delfino si può descrivere con una presa e trazione molto simili alla Rana, poi subentra la spinta. La trazione delle braccia inizia solo dopo che le mani sono ben affondate sotto la superficie. Come per la rana le braccia vengono spinte verso il basso ed all’esterno con una traiettoria che varia nella sua ampiezza da individuo ad individuo. Comunque in questa fase il braccio risulta quasi teso e la traiettoria della mano non è rettilinea ma disegna una traiettoria a "buco di serratura", risultante di una serie di azioni in fuori, dentro e di nuovo in fuori (remate), e successivamente fuoriescono per il recupero. Molto importante è che nella prima fase della trazione, i gomiti siano alti ed avanzati rispetto alle spalle e che lo spostamento dell’avambraccio preceda quello del braccio.

La presa inizia con le braccia che entrano in acqua in linea con le spalle e le mani (con le palme in fuori), nell’ingresso in acqua non devono sbattere e la prima parte ad immergersi sono i pollici.

La trazione inizia con un movimento verso l’esterno, poi, grazie ad una flessione dei gomiti, le mani si muovono verso l’interno raggiungendo la fine della parte arrotondata della traiettoria a "buco di serratura", quando i gomiti raggiungono la massima flessione circa 90°.

La spinta è la fase più efficace e propulsiva della bracciata ed avviene con un aumento del ritmo. Una volta raggiunto il punto di massima flessione del gomito (fine della parte arrotondata del buco della serratura) la fase di trazione termina ed inizia la fase di spinta con le mani che spingono con forza verso i fianchi e l’avambraccio che si distende completamente. La fase di spinta termina con l'avambraccio disteso e la mano che deve uscire dall’acqua sotto all’anca, all’altezza della coscia con il gomito teso.

Il recupero avviene fuori dall’acqua (aereo) con una azione rotonda ed esterna. Le mani e le braccia sono rilassate ed è molto importante non far strisciare le braccia sul pelo dell’acqua altrimenti si subirebbe una brusca frenata che risulterebbe dannosa ai fini della nuotata.

La respirazione avviene frontalmente e si inspira grazie alla risalita della testa che va mossa in coordinazione con la bracciata. La risalita del capo avviene quando le braccia hanno raggiunto la linea delle spalle, ossia alla fine della trazione e l'inizio della spinta; si immerge alla fine della spinta e l'inizio del recupero. (Un recupero delle braccia con il capo emerso sarebbe troppo faticoso). In questo lasso di tempo in cui la testa è fuori dall'acqua si inspira con la bocca. Solitamente si inspira una volta ogni due bracciate per risparmiare l'energia richiesta dalla risalita del capo.





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